Hi, How Can We Help You?

Trust in Italia: cos’è e co...

Trust in Italia: cos’è e come viene regolato

Istituto giuridico di matrice anglosassone, il trust in Italia è diventato una realtà sempre più diffusa in seguito alla ratifica della Convenzione dell’Aja.
Il ricorso al trust rappresenta infatti uno strumento utilissimo per raggiungere determinati obiettivi di difesa e tutela del proprio patrimonio familiare o aziendale; pur in assenza di una disciplina codicistica specifica, l’istituto ha assunto una propria identità giuridica ben definita, grazie soprattutto ad un attento lavoro giurisprudenziale.
Spesso tuttavia attorno al trust si ingenerano errate convinzioni, prima fra tutte quella per cui si tratterebbe di un mezzo attraverso cui eludere il fisco o i creditori.
In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sul trust in Italia, uno strumento utilissimo specialmente per far transitare il patrimonio economico di una famiglia nel passaggio generazionale (link interno ad articolo su holding nel passaggio generazionale).

Trust in Italia: definizione

Il trust è un atto di disposizione privata del proprio patrimonio (che può includere proprietà immobiliari, partecipazioni societarie, titol, denaro contante, opere d’arte, collezioni ecc) mediante il quale un soggetto, detto settlor, pone tali beni sotto il controllo di un altro soggetto, detto trustee, affinché essi vengano custoditi oppure impiegati a beneficio di determinati terzi, per una finalità filantropica, caritatevole o commerciale.

Si tratta, quindi, di uno strumento di gestione del patrimonio di un soggetto o di una famiglia finalizzato alla realizzazione di un preciso programma nell’interesse di uno o più soggetti.

Approfondiamo meglio questo concetto: nel trust il patrimonio è vincolato alla realizzazione di quel programma e la “protezione” del patrimonio stesso ne è un corollario.
Si tratta quindi di una designazione di un soggetto, il trustee, che dovrà agire per conto del settlor grazie al rapporto di fiducia, che rappresenta la stessa causa giuridica dell’Istituto.
Il venire meno dell’elemento fiduciario, infatti, elimina la causa tipica del contratto stesso.

I soggetti nel trust

Ma come funziona, nella pratica, il trust?

Esaminiamo anzitutto chi sono i soggetti coinvolti:

  • Il settlor è colui che dispone del proprio patrimonio
  • Il trustee è colui che è incaricato di amministrare il patrimonio. Può essere una persona fisica oppure una società di trustee
  • Il beneficiario è la persona a favore della quale viene gestito il patrimonio.
  • Il guardiano è colui che controlla l’operato del trustee.

Nel disporre un trust è fondamentale che i compiti nonché le regole di nomina e sostituzione sia del trustee che del guardiano siano stabilite a monte. I singoli soggetti, infatti, possono anche venir meno per ragioni varie: in questi casi, nell’interesse dei beneficiari e per la stessa salvaguardia del patrimonio amministrato, è infatti opportuno disporre subito una sostituzione degli stessi.

Lo scopo del trust

Ogni contratto di trust che viene stipulato deve contenere una previsione dettagliata e minuziosa del programma che si intende perseguire.
Come abbiamo illustrato, infatti, il trust ha lo scopo – tutelato dalla legge – di far gestire in maniera programmatica il proprio patrimonio affinchè venga realizzato un ben preciso scopo.
Va da sé che la stesura del contratto deve essere in grado di tradurre in termini giuridici le esigenze di chi lo stipula in maniera più dettagliata possibile.
Per realizzare tale obiettivo, naturalmente, occorre approfondire ogni singolo aspetto relazionale ed umano dei soggetti coinvolti: non esistono due contrati di trust identici ed erra chi ritiene che il trust possa essere tipizzato, alla stregua di un qualsiasi altro atto di disposizione del proprio patrimonio.

Tra gli scopi del trust in Italia più frequenti vi sono senz’altro la tutela del patrimonio in favore degli eredi al momento del passaggio generazionale, soprattutto laddove vi sia da tutelare l’azienda o il marchio di famiglia.
Ma non solo:

  • potrebbe sorgere l’esigenza di tutelare in maniera particolare un figlio più “debole”, magari in quanto affetto da disabilità; in tali ipotesi il trust servirà a non fargli dilapidare il patrimonio ovvero, al contrario, a non far sì che gli altri eredi possano sottrarglielo fraudolentemente;
  • l’esigenza potrebbe essere quella di tutelare la stessa vecchiaia del settlor, disponendo dei propri averi per quella fase della sua vita in cui non sarà più in grado di provvedere a sé stesso;
  • ancora, e sempre nel passaggio generazionale, il de cuius potrebbe decidere di far amministrare la società di famiglia da professionisti (avvocati, commercialisti, ecc) altamente qualificati (link ai contatti di Valerio, ndr) anziché rischiare che eredi poco competenti possano comprometterla;
  • si potrebbe decidere di destinare parte del proprio patrimonio (ovviamente nel rispetto della legittima) ad un progetto – magari di beneficienza – al quale il settlor è particolarmente sensibile. In tal caso il trust avrà appunto lo scopo di non fa distogliere da terzi i fondi necessari disposti dal benefattore.

Il trust di scopo
Concetto differente è invece quello di trust di scopo.
In questi casi il trust viene stipulato non già in favore di uno o più soggetti, bensì per raggiungere specifici obiettivi che devono essere leciti e non contrari al nostro ordinamento.
È questo il tipo di trust utilizzato solitamente per istituire fondi pensione o particolari forme di investimento, oppure ancora per finalità caritatevoli.
La disciplina del trust in Italia
Il trust non ha ancora ricevuto una compiuta disciplina legislativa nel nostro ordinamento, ma continua a farsi riferimento alla consuetudine giurisprudenziale dei Paesi di common law, fatte naturalmente le opportune distinzioni.

Si tratta, quindi di un istituto riconosciuto in Italia ma non regolamentato dalla legge italiana.
Sarà il settlor ad individuare, di volta in volta, la legge che maggiormente risponde alle sue esigenze tra quelle giurisdizioni che disciplinano in modo specifico il trust.

A tal proposito è opportuno evidenziare come l’Italia non si sia obbligata, attraverso la ratifica della Convenzione dell’Aja, al riconoscimento di qualsiasi tipologia di trust, ma solamente di quelli “istituiti volontariamente e provati per iscritto” e regolati dalla legge scelta dal soggetto istituente ovvero da quella avente il collegamento più stretto con il trust ”.
In ogni caso i trust ammessi in Italia sono solo i cosiddetti trust interni, e cioè che prevedano soggetti italiani nonché beni, almeno in parte, presenti in Italia.
Analizziamo pertanto in dettaglio come si struttura un contratto di trust.
Generalmente si possono distinguere tre sezioni principali:

  • Una premessa: contestualizzazione e motivazione del contratto
  • Un programma: indica nello specifico le ragioni che inducono il settlor a destinare una parte o tutto il proprio patrimonio ad uno scopo ben preciso
  • Le regole di funzionamento e di gestione: rappresenta il fulcro del contratto. Occorre individuare nel dettaglio ogni possibile scenario che si possa presentare nella concreta gestione del patrimonio, evitando da un lato di fornire regole eccessivamente restrittive e dall’altro di trascurare aspetti che potrebbero rivelarsi fondamentali.
    Per tale ragione, redigere un contratto di trust perfettamente idoneo ad ottemperare ai suoi delicati scopi è compito estremamente complesso e va svolto con estrema professionalità.

Come viene costituito il trust
La peculiarità dell’istituto risiede nello sdoppiamento del concetto di proprietà: il trustee diviene infatti l’unico titolare dei relativi diritti, pur esercitati nell’interesse dei beneficiari o per il perseguimento dello scopo definito; tuttavia i beni materialmente conferiti nel trust restano segregati nel patrimonio del trust e diventino estranei, quindi, al patrimonio sia del settlor che a quello personale del trustee.

Per non confondere il patrimonio personale del trustee da quello del trust, i beni appartengono a due masse differenti: in questo modo il patrimonio oggetto del trust non può essere aggredito da soggetti terzi (cosiddetta segregazione patrimoniale).
Il trust si costituisce con contratto scritto o testamento, in entrambi i casi con atto scritto, all’interno del quale il settlor esprime la volontà di vincolare dei beni e le regole per la loro gestione.
Il trustee, infine, deve procedere all’iscrizione del trust in un’apposita sezione del registro delle imprese presso la Camera di Commercio dove si trovano i beni oggetto del trust.
Il regime fiscale del trust
L’ultimo aspetto da considerare nella disciplina del trust è quello fiscale.
La tassazione del trust varia a seconda della forma giuridica attraverso la quale viene stipulato, nonché dei beni che lo compongono. Distinguiamo pertanto:

  • Se si tratta di atto pubblico o scrittura privata autenticata senza previsione di alcun bene patrimoniale: si applica solamente un’imposta di registro di 200 euro
  • Se si tratta di testamento: si applica, oltre all’imposta di registro, anche la tassa di successione. Eccezione a tale regola si ha nell’ipotesi di trust in favore di persone disabili.
  • Se vengono trasferiti beni immobili: si applica anche l’imposta ipotecaria e catastale in misura ordinaria oppure fissa, nel caso di persone disabili.
    E’ importante evidenziare che, trattandosi di trasferimento di patrimonio, si applicherà altresì la normativa in materia di IRPEF (se il beneficiario è una persona fisica) oppure IVA (se si tratta di un imprenditore).
Share Post