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Postergazione finanziamento dei soci

La postergazione: la Cassazione interviene sui finanziamenti dei soci

L’istituto della postergazione, la sua ratio e le precisazioni della Cassazione sui finanziamenti dei soci

La postergazione è un istituto introdotto a seguito della riforma del diritto societario.

L’art 2467 c.c., che lo disciplina, prevede che i soci i quali abbiano finanziato la società di cui fanno parte hanno diritto al rimborso del finanziamento solo dopo aver soddisfatto tutti gli altri creditori. Inoltre, se il suddetto finanziamento viene effettuato nel corso dell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento, dovrà essere restituito.

L’obiettivo del legislatore nell’introdurre tale normativa è quello di evitare che i soci, nel momento in cui optino per erogare finanziamenti anziché procedere ai conferimenti di capitali, vedano soddisfatto il loro credito prima dei creditori terzi.

La prima domanda da porsi, dunque, nell’esaminare l’istituto della postergazione è questa: cosa si intende per finanziamenti dei soci? E’ la stessa Suprema Corte, nella pronuncia che esamineremo in questo articolo, a fornire una risposta a tale interrogativo.

La postergazione: la normativa del codice civile

La norma di riferimento in materia di postergazione è l’art. 2467 c.c., rubricato “Finanziamenti dei soci”, contenuta nel capo VII Della società a responsabilità limitata, titolo V Società, Libro V Del lavoro.

In particolare la disposizione prevede che:

  1. “Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.
  2. Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, inqualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.”

La postergazione: la ratio della norma

Dalla lettura della norma emerge che la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci, rispetto a quella dei creditori, si realizza o nel momento in cui risulti uno squilibrio eccessivo tra indebitamento e patrimonio netto oppure allorché la situazione finanziaria della società avrebbe richiesto ragionevolmente un conferimento.

Chiariti i concetti base sulla postergazione, la dottrina si è più volte interrogata in merito all’ambito di applicabilità dell’istituto, in particolare se lo stesso si applichi solo quando la società è in liquidazione oppure anche quando sia in regolare attività.

Chi ritiene che l’operatività della postergazione trovi applicazione durante la vita ordinaria della società sostiene che il credito dei soci debba essere soddisfatto in ogni caso dopo quello dei creditori esterni. I soci potranno quindi essere rimborsati solo quando

  • siano già stati pagati i creditori o quantomeno esistano i fondi necessari per farlo;
  • lo squilibrio che ha costretto i soci a finanziare la società sia stato risolto.

Altra parte della dottrina invece sostiene che l’istituto sia applicabile solo in fase di liquidazione della società: deve in buona sostanza sussistere un concorso in fase di liquidazione affinché il creditore della società possa invocare la postergazione e quindi il rimborso successivo dei soci. Non avrebbe altrimenti senso la precisazione letterale all’interno della norma della dichiarazione di fallimento.

La Cassazione, con la nota sentenza n. 26004/2018, condivide questa teoria: “L’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni). Tale ultimo contributo non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residual claimant (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24861).”

Postergazione e finanziamenti dei soci: la recente pronuncia della Suprema Corte

Chiariti i punti essenziali dell’istituto è necessario a questo punto analizzare che cosa si intenda per “finanziamento dei soci (…) in qualsiasi forma effettuati.”

La questione è stata chiarita di recente dall’ordinanza n. 3017/2019 della Cassazione civile la quale, nel respingere un ricorso, contesta il fatto che il ricorrente limiti l’applicazione della regola della postergazione di cui all’art. 2467 c.c. alla categoria dei contratti di credito (quindi i contratti di mutuo, l’apertura di credito e l’anticipazione bancaria).

Gli Ermellini precisano infatti che “In realtà, nel contesto del diritto vigente il termine – finanziamento – non assume un significato univoco e costante; soprattutto, non viene a ridursi senz’altro a formula equivalente di quella di – contratti di credito -. Basta pensare, a titolo di esempio, alla norma dell’art. 47 comma 1 del testo unico bancario che alla formula – finanziamento e servizi – assegna portata indicativa di tutte le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria” (tra cui, appunto, quelle di rilascio di garanzie, credito commerciale incluso il “forfaiting”, cessioni di credito pro soluto e pro so/vendo di cui all’art. 1, comma 2 lett. f. TUB; sul punto v. Cass., 15 maggio 2018, n. 11878).

Oppure al – finanziamento destinato a uno specifico affare – di cui alla norma dell’art. 2447 decies cod. civ., nel cui alveo la dottrina pacificamente ricomprende, oltre ai contratti di credito, le strutture negoziali di stampo partecipativo (dal c.d. mutuo parziario all’associazione in partecipazione, alla cointeressenza) e pure le operazioni di finanza strutturata (quali quelle di cartolarizzazione e quelle di leveraged).

O ancora alla norma dell’art. 106, comma 1, del testo unico bancario: nel lungo elenco di operazioni, con cui la normativa secondaria dà corpo alla formula – finanziamento sotto qualsiasi forma – di cui alla legge, tra le altre compaiono infatti le operazioni di rilascio di garanzie, di acquisto di crediti a titolo oneroso, di apertura di credito documentaria, di avallo e girata (cfr. art. 2 d.m. Economia e finanze, 2 aprile 2015, n. 53).

Non si vedono, d’altra parte, ragioni, precisano dal Palazzaccio, “per assegnare – con riguardo alla materia qui specificamente in esame – un significato ristretto al lemma finanziamento. Tanto più che anche la proposizione normativa, che è adottata dalla norma dell’art. 2467 comma 2, esprime un’indicazione meramente generica, e dunque propriamente aperta, di finanziamento dei soci a favore della società, dichiarandone la rilevanza – in qualsiasi forma – gli stessi vengano effettuati“.

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